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COLLECTION DE L’ÉCOLE FRANÇAISE DE ROME - 516 11 L’ARCHEOLOGIA DELLA PRODUZIONE A ROMA (SECOLI V-XV) Atti del Convegno Internazionale di Studi Roma, 27-29 marzo 2014 a cura di Alessandra Molinari, Riccardo Santangeli Valenzani e Lucrezia Spera Coordinamento scientifico della banca dati e cura redazionale del volume Cinzia Palombi Realizzazione e gestione della piattaforma GIS Nicoletta Giannini ESTRATTO L’autore ha il diritto di stampare o diffondere copie di questo PDF esclusivamente per uso scientifico o didattico. Edipuglia si riserva di mettere in vendita il PDF, oltre alla versione cartacea. L’autore ha diritto di pubblicare in internet il PDF originale allo scadere di 24 mesi. The author has the right to print or distribute copies of this PDF exclusively for scientific or educational purposes. Edipuglia reserves the right to sell the PDF, in addition to the paper version. The author has the right to publish the original PDF on the internet at the end of 24 months. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it PRODUZIONI ARTIGIANALI NELLA BASILICA HILARIANA SUL CELIO FRA TARDA ANTICHITÀ E ALTO MEDIOEVO Maria Elena Calabria, Daniela Ferro, Paola Palazzo, Marina Parenti, Tamara Patilli, Carlo Pavolini, Ida Anna Rapinesi, Lucia Saguì Introduzione La pubblicazione definitiva degli scavi della Basilica Hilariana nell’Ospedale Militare Celio, apparsa pochi mesi prima del convegno su ‘L’archeologia della produzione a Roma’ 1, ci esime dal riproporre qui un inquadramento generale dell’edificio e della sua vicenda edilizia, stratigrafica e storico-religiosa. Tuttavia, per mera comodità si può riprodurre (fig. 1) uno stralcio della planimetria della sommità del colle, planimetria già edita in precedenza, ma ripubblicata con leggere modifiche in quel volume 2. È doveroso avvertire che, per ciò che riguarda la Basilica (Saggio III), si tratta di una pianta cumulativa di fine scavo delle sole murature, le quali appartengono quindi a fasi diverse, e non hanno necessariamente ‘convissuto’ le une con le altre. Detto questo, anche per l’estrema ristrettezza dello spazio disponibile tratteremo solo delle fasi nelle quali sono maggiormente presenti quelle realtà materiali che rinviano con certezza ad attività manifatturiere, che si tratti sia di strutture e di elementi stratigrafici ‘orizzontali’ ad esse collegate (strati, pavimenti, battuti, ecc.), sia di interri e scarichi contenenti scarti di lavorazione e altri indicatori di produzione. Questi ultimi saranno un po’ più ampiamente discussi nelle sezioni che seguono, suddivisi per classi di materiali e per tipologie di reperti. È noto che l’edificio quale oggi lo vediamo (sia pure mal conservato), a partire dalla sua fase d’impianto dell’età di Antonino Pio 3 fu destinato a fungere da schola collegiale della confraternita dei dendrophori, addetti al culto della Magna Mater e – in modo particolare – di Attis 4. Elementi di carattere religioso vennero quindi introdotti, con ogni probabilità, nell’assetto architettonico del pianterreno (la sola parte della Basilica che ci sia nota), accanto agli spazi destinati alla vita del collegio, alla rappresentanza, alle attività di servizio: ma – per i motivi di cui sopra – non è il caso di diffondersi nuovamente su questi dati, già ampiamente divulgati. Venendo invece alle cose che ci interessano più direttamente, la Fase 3 – databile attorno alla prima metà del III secolo 5 – vide l’inserimento, nei vani Sud-Est della Basilica (che nell’impianto antonino originario avevano avuto la funzione di ambienti e corridoi di servizio), di installazioni palesemente funzionali ad attività artigianali (figg. 2-3 e tav. XX). Si tratta di alloggiamenti per fistulae (e ci sono resti di vasche, che confermano la consistente presenza di apprestamenti idraulici); di strutture realizzate nell’Ambiente XIII, con muretti laterizi e piano di cocciopesto; di dolia defossa nei pavimenti. Non deve sorprendere la presenza di simili impianti artigianali 6 in una sede associativa di una corporazione a carattere cultuale come i dendrofori. Va detto infatti che PALAZZO, PAVOLINI 2013. Ibidem, pianta a p. 12. 3 Fase 2. Prescindiamo qui dalla Fase 1, databile con probabilità all’epoca giulio-claudia e nella quale si ipotizza l’esistenza di una prima schola dei dendrofori (v. ibidem, pp. 52-57, 431-35). 4 Per le sicure prove in tal senso, v. ibidem, pp. 20-27, 57-67, 443-54 (e passim). 5 Ibidem, pp. 67-72, 475-77. Può sembrare strano che in un convegno dedicato ai secoli V-XV noi prendiamo le mosse da testimonianze che risalgono al III, ma era difficile evitarlo: come vedremo, infatti, le attestazioni di attività manifatturiere nel nostro edificio risultano cronologicamente scaglionate – sia pure con alcune interruzioni, o lacune di evidenza – dalla fase in esame fino alla metà del V secolo almeno, e ciò anche per quel che riguarda i beni prodotti, o parte di essi. 6 Dei quali, per questa fase, non siamo in grado di individuare i prodotti, per l’inesistenza – o la difficoltà di individuazione – di quei reperti di natura ‘tecnologica’ che permetteranno invece di farsi un quadro abbastanza preciso delle lavorazioni databili nelle fasi 4 e 5 (infra). E la cosa si spiega, perché le installazioni della Fase 3 furono oggetto di spoliazioni (descritte subito sotto); in ogni caso non sembrano es- 1 2 L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it 174 M.E. CALABRIA, D. FERRO, P. PALAZZO, M. PARENTI, T. PATILLI, C. PAVOLINI, I. A. RAPINESI, L. SAGUÌ Fig. 1. - Pianta della Basilica Hilariana (Saggio III) e dei rinvenimenti archeologici circostanti nell’Ospedale Militare Celio (da Palazzo, Pavolini 2013). questi ultimi avevano conservato il loro probabile, precedente carattere di collegio di boscaioli, lavoratori forestali, commercianti del legno 7, etc., anche dopo essere stati ufficialmente costituiti – dall’imperatore Claudio – in confraternita di addetti al culto di Attis e del pino sacro a questo dio, momento che sembra anche aver coinciso con l’assunzione della nuova denominazione grecizzante di dendrophori 8. Ma, anche al di là delle connotazioni peculiari di tale collegio, sono in realtà frequenti – in età romana – i casi di templi e santuari che facevano fronte alle proprie spese anche mediante le rendite derivanti da attività economiche (investimenti immobiliari, manifattura, piccolo commercio, etc.), o gestendole diretta- Fig. 2. - Basilica Hilariana, pianta della Fase 3 (da Palazzo, Pavolini 2013). sere documentati, nel perimetro dello scavo, consistenti strati di scarico riferibili all’attività di questa ‘prima ondata’ di officine. 7 Verosimilmente col nome di lignarii (AURIGEMMA 1910). 8 È naturalmente impossibile scendere qui in dettagli, anche a proposito della complessa problematica storica che fa da sfondo a questi processi, ma (oltre al classico GRAILLOT 1912, pp. 266-68) vd. più di recente DIOSONO 2008a, DIOSONO 2008b, pp. 81-83, e PALAZZO, PAVOLINI 2013, pp. 429-31 e nota 47. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it PRODUZIONI ARTIGIANALI NELLA BASILICA HILARIANA SUL CELIO FRA TARDA ANTICHITÀ E ALTO MEDIOEVO 175 mente, o più spesso affittando a soggetti ‘terzi’ i relativi locali: basti pensare a Ostia, città per la quale abbiamo sicure evidenze in merito 9, accanto a ipotesi meno facilmente dimostrabili, ma comunque interessanti 10. Nella Fase 4a (verso la metà del III secolo) 11 le attività nei vani sud-est proseguono, ma in tale periodo sono documentati solo interventi di momentanea spoliazione (ci sono fosse di asportazione dei manufatti preesistenti), ai fini di una qualche ristrutturazione degli impianti artigianali. Questa, infatti, si verifica senza soluzione di continuità, a cominciare da nuovi livellamenti della quota di calpestio, databili nel corso della Fig. 3. - Basilica Hilariana, Fase 3, Amb. XIII. Resti di struttura con muretti laterizi e piano di cocciopesto (da Palazzo, Pavolini 2013). stessa fase. Nella Fase 4b, databile con probabici interessa, ma a monte c’è un decisivo evento che ci lità – limitatamente alle Attività che ci interessano – entro è possibile solo ricordare di sfuggita: la costituzione imla seconda metà del III secolo (figg. 4-5 e tav. XXI) 12, periale del 415, con cui Onorio requisisce i beni dei densi ha, negli stessi settori sud-orientali del pianterreno, drofori (e di altri organismi cultuali pagani). Al di là quella che potremmo chiamare una ‘seconda ondata’ di delle rilevanti implicazioni storiche del provvediimpianti a carattere manifatturiero. Sono attestate ad mento 15, ciò vuol dire che da questo momento in poi esempio nuove vasche rivestite di cocciopesto idraulico la Basilica Hilariana non è certamente più tale: in altre (nell’ex-corridoio XI, che ormai va definito così, perparole, non è più la sede dei dendrophori intesi come ché non è ovviamente più percorribile come spazio di collegio religioso, né è più un luogo nel quale fosse perdisimpegno), mentre nell’Ambiente XIV sono attestati messo svolgere riti in onore di Cibele e Attis. livelli con tracce di combustione e di lavorazione e una L’editto onoriano prevede un trasferimento degli impiccola fornace in una fossa (US 5237), a sua volta rimobili delle confraternite disciolte al demanio imperiale: cavata entro una precedente vasca. È questa la prima possiamo solo vagamente immaginare che – nel caso spedelle fasi per le quali disponiamo anche di dati di lacifico – a questo atto abbia fatto seguito una locazione boratorio riguardo ai materiali che venivano prodotti 13. di parte degli spazi a nuovi soggetti privati 16, ma non abVa tenuto ben presente che, in base a tutti gli elementi biamo alcuna prova di ciò, né di chi potesse trattarsi, né a noi noti, in tale periodo l’edificio è ancora saldamente delle modalità giuridiche concrete di tale eventuale affiin mano ai dendrofori come loro schola di riunione e damento. La sola cosa sicura è che le trasformazioni che di culto (e, per inciso, tale situazione non sembra camriscontriamo in questa fase nell’edificio furono operate biare fino alla fine del IV secolo, se non fino agli inizi – ancora una volta – per finalità manifatturiere, ma in un del V). quadro profondamente diverso dal passato. In seguito, però, le cose mutano radicalmente. La In sintesi, si verifica una sorta di inversione delle deFase 5, ben databile nei decenni centrali del V secolo 14, stinazioni d’uso, per la quale alcuni vani dell’ala sud mostra infatti nuovi sviluppi dal punto di vista che qui Cfr., per fare un solo esempio, il caso dell’edificio di culto degli stuppatores (HERMANSEN 1982). 10 MAR 1996. 11 PALAZZO, PAVOLINI 2013, pp. 73-75, e – sulla Fase 4 nel suo insieme (4a e 4b), con le connesse realtà di natura manifatturiera – pp. 478-484. 12 PALAZZO, PAVOLINI 2013, pp. 76-82. 9 13 Vd. infra la sezione del presente contributo che si deve a Daniela Ferro e Ida Anna Rapinesi. 14 PALAZZO, PAVOLINI 2013, pp. 89-94, 484-86. 15 Ibidem, pp. 486-89. 16 L’ipotesi che si trattasse sempre dei dendrofori, ma ora come mera corporazione di mestiere (e non più anche religiosa), è possibile, ma molto incerta e non dimostrabile: viene più ampiamente discussa ibidem, pp. 488 s. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it 176 M.E. CALABRIA, D. FERRO, P. PALAZZO, M. PARENTI, T. PATILLI, C. PAVOLINI, I. A. RAPINESI, L. SAGUÌ Fig. 4. - Basilica Hilariana, pianta della Fase 4b (da Palazzo, Pavolini 2013). (già probabili salette di rappresentanza del collegio) 17 diventano ora sedi di piccole installazioni artigianali: per riprendere la metafora già utilizzata nei capoversi che precedono, potremmo chiamarla la ‘terza (e ultima) 17 Erano state create nella Fase 3 (cfr. ibidem, pp. 67-70, 476 s.), come risultato del frazionamento dello spazio unico – scandito da pilastri – che nell’impianto originario della Basilica (Fase 2) aveva costituito una probabile aula o ‘loggia’ di riunione dei dendrofori. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it PRODUZIONI ARTIGIANALI NELLA BASILICA HILARIANA SUL CELIO ondata’ degli interventi edilizi a carattere manifatturiero (fig. 6 e tav. XII). Abbiamo ad esempio, nell’Ambiente VII, la probabile impronta di un forno circolare (fig. 7) e i resti di una vasca con rivestimento idraulico, che venne realizzata sopra le pavimentazioni musive precedenti; nell’Ambiente IX, l’impronta di un’altra vasca che poi, in una fase ancora successiva, verrà rimossa, e inoltre – nei diversi spazi – lacerti di cocciopesto, piani di lavorazione con residui di calce. Viceversa, quei vani del settore sud-orientale – già locali di servizio – che a partire dal III secolo erano stati adibiti a scopi manifatturieri, come sappiamo, diventano ora spazi di scarico e di sgombero dei rifiuti e degli scarti delle officine appena descritte. Anche per questa Fase 5, come per la precedente, disponiamo di alcuni dati sugli ‘indicatori di produzione’ (stavolta nel senso dei reperti mobili), dati desumibili dalle analisi di laboratorio condotte da Ferro e Rapinesi e dalle osservazioni di M. Parenti e L. Saguì 18. 18 Su tutto questo cfr., infra, i contributi delle autrici citate, ma anche le brevi considerazioni esposte subito sotto, alla fine della presente introduzione. Fig. 5. - Basilica Hilariana, Fase 4b, Amb. XIV. Fornace ricavata all’interno di una vasca preesistente (da Palazzo, Pavolini 2013). Fig. 6. - Basilica Hilariana, pianta della Fase 5 (da Palazzo, Pavolini 2013). L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it 178 M.E. CALABRIA, D. FERRO, P. PALAZZO, M. PARENTI, T. PATILLI, C. PAVOLINI, I. A. RAPINESI, L. SAGUÌ essa, poiché il pozzo di scarico citato è l’unica attestazione stratigrafica individuata dallo scavo entro il perimetro dell’edificio. Questo discorso vale, del resto, anche per il rimanente materiale ceramico della fossa 5334 (sicuramente non di scarto), brevemente descritto nello stesso contributo. Sia per l’ipotetica zona di produzione, sia per l’insediamento nel quale venivano comunque utilizzati i vasi di IX-XI secolo da noi rinvenuti, si potrebbe pensare all’esistenza di ridotte comunità raccolte intorno alle grandi fondazioni cristiane – ecclesiali e monastiche – sorte nel frattempo in questo settore del Fig. 7. - Basilica Hilariana, Fase 5, Amb. VII. Impronta di probabile forno circolare entro un Celio, e in tal caso la direzione più piano pavimentale preesistente (da Palazzo, Pavolini 2013). probabile verso la quale rivolgersi Non ci occuperemo qui nel dettaglio della Fase 6 e di sembra quella dei non lontani SS. Quattro Coronati 22. quelle successive 19, con le quali la lunga vicenda produttiva Si tratta però di supposizioni per ora molto incerte. che abbiamo finora seguito giunge ad un termine, e nel Facendo un passo indietro, e tornando al periodo pianterreno della ex Basilica non c’è più nessuna traccia compreso fra la seconda metà del III e il pieno V sedi impianti del genere. Infatti le fasi citate comprendono colo, se ci basiamo sui contributi di D. Ferro e I. Rascarichi e interri che si formano entro la seconda metà del pinesi, di M. Parenti e di L. Saguì 23 possiamo ipotizzare VI secolo, alcuni ultimi interventi edilizi eseguiti con tecche almeno alcune produzioni si siano svolte nel nostro niche molto rudimentali e finalizzati alla precaria rioccuedificio in un quadro di continuità, o che – se momenpazione abitativa di parte degli spazi, isolati episodi di taneamente interrotte – siano state poi riprese, nonostante seppellimento e – come esito finale – il crollo delle muil probabile variare nel tempo dei soggetti che erano adrature dell’edificio, agli inizi del VII secolo. detti a tali lavorazioni. Un’ultima manifestazione di vita e forse di attività Questo si nota seguendo l’ordine cronologico delle artigianale, sporadica e isolata, si avrà poi con il pozzo fasi, in modo ‘trasversale’ rispetto alle classi dei matedi scarico contenente ceramica del IX-XI secolo (Fase riali rinvenuti. Nella Fase 4a, allorché sappiamo che sono 9) 20. Le autrici citate avanzano in forma dubitativa documentati – riguardo alla stratigrafia ‘orizzontale’ – l’ipotesi che – nell’ambito di questo rinvenimento – alquasi solo interri per livellamenti, non abbiamo molte cuni reperti possano essere considerati scarti di lavoratestimonianze di natura ‘tecnologica’. Quanto ai vetri 24 21 zione , e aggiungono che l’area dove si svolgevano tali c’è molto poco, e anche di interpretazione incerta, meneventuali processi produttivi non può essere al motre un’eccezione è rappresentata dagli aghi crinali, dei mento identificata. Essa doveva semmai trovarsi nei quali si ipotizza una lavorazione nei vani ex di servizio pressi della ex Basilica Hilariana, ma esternamente ad del settore sud-est della Basilica 25. Dalle tabelle e dagli PALAZZO, PAVOLINI 2013, pp. 121-160, 489-92. 20 Ibidem, pp. 160-165 (si tratta dell’Attività 28, costituita dalla fossa US 5334 e dal suo riempimento, US 5335). Il materiale è stato esaminato da M. E. Calabria e T. Patilli per cui vd. infra. 21 Per le motivazioni, infra. 22 Su tutto questo cfr., un po’ più ampiamente, PALAZZO, PAVOLINI 2013, p. 504. 23 Cfr. infra. 19 Vd. infra il contributo di Lucia Saguì. Vd. infra per le motivazioni dell’ipotesi (che si estende anche ad altri manufatti in osso o in avorio quali gli elementi rettangolari per possibili cornicette: cfr. PALAZZO, PAVOLINI, fig. 11). Alle considerazioni ivi esposte va aggiunto l’alto numero globale degli esemplari rinvenuti (ben 189), difficilmente spiegabile se non pensando ad una fabbricazione in loco, visto che si tratta di oggetti per la cosmesi femminile e che il contesto dello scavo non rinvia ad un complesso abitativo. 24 25 L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it PRODUZIONI ARTIGIANALI NELLA BASILICA HILARIANA SUL CELIO FRA TARDA ANTICHITÀ E ALTO MEDIOEVO 179 istogrammi inseriti nel contributo di Marina Parenti si desume, infatti, che un numero consistente di spilloni in osso è stato rinvenuto nei livelli della Fase 4a: non è escluso che tali reperti vadano interpretati come residui delle prime installazioni artigianali, appartenenti alla Fase 3, installazioni che sembrano invece assenti nella Fase 4a 26. Gli indicatori di produzione si infittiscono in modo molto rilevante quando si passa alla Fase 4b (seconda metà del III secolo), e ciò appare logico, poiché si tratta del periodo al quale risale la ‘seconda ondata’ degli impianti artigianali 27. Ad un’attestazione di aghi crinali numericamente molto maggiore di quella della fase precedente 28 si aggiungono la maggior parte dei reperti ‘tecnologici’ studiati da Daniela Ferro e Ida Anna Rapinesi. Stratigraficamente essi appaiono concentrati, esclusivamente o quasi, nell’Attività 14, topograficamente negli ambienti XIII e XIV del settore sud-orientale del pianterreno, e rinviano ad attività metallurgiche (crogioli, scorie, residui di processi fusori, etc.) e alla produzione di coloranti e pigmenti, da usare sia in pittura 29, sia nei procedimenti di fabbricazione del vetro 30. Nella Fase 5, risalente alla metà del V secolo, gli indicatori di produzione non scompaiono certo (siamo in corrispondenza della citata ‘terza ondata’ degli impianti manifatturieri): essi sembrano però diminuire quantitativamente, anche in misura notevole. Le campionature dovute a Daniela Ferro e Ida Anna Rapinesi annove- rano, per questo periodo, ancora tracce della lavorazione dei coloranti, ma per il resto quasi solo frammenti di lastre di colore verde, caratterizzate da elementi tipici della composizione di masse di natura vetrosa (Ambiente XII, Attività 18). Peraltro Lucia Saguì, inquadrando con opportuna prudenza 31 le informazioni relative alla produzione di vetri nel nostro edificio e nei suoi dintorni (una circostanza che, da molti indizi convergenti, appare comunque probabile), per la Fase 5 si concentra soprattutto sulla grande quantità di tessere vitree di mosaico qui rinvenute, sviluppando un’interessante ipotesi di connessione con la coeva costruzione della vicina basilica di S. Stefano Rotondo. Stando così le cose, l’altra attività che con forte verosimiglianza sembra proseguire nel V secolo è quella della produzione di aghi crinali in osso 32: il buon numero di esemplari attestati fa pensare che si tratti di manufatti ‘in fase’ e non di residui 33, e che alcuni tipi di spilloni venissero tuttora fabbricati nella ex Basilica. Con tutte le cautele del caso, si può concludere – come del resto già accennato, ma ora con maggior cognizione di causa – in favore di una continuità o di una ripresa di almeno alcune produzioni, che sembrano documentate sia nelle fasi in cui la Basilica era ancora la schola collegiale dei dendrofori, sia nel periodo in cui i beni di questi ultimi erano stati requisiti e la destinazione d’uso dell’immobile era cambiata. (P.P., C.P.) Su tutto questo, vd. supra. Cfr. supra. 28 È utile, a questo punto, rinviare al grafico 1 che correda il testo di M. Parenti. L’istogramma deriva da una rielaborazione dei dati forniti dall’autrice e prende in considerazione solo i tipi di aghi che, in almeno una delle fasi, risultavano rappresentati da più di due esemplari. Un primo esito dell’esperimento è forse scontato: i tipi maggiormente presenti sono quelli di più semplice e standardizzata lavorazione, cioè quelli a testa rotonda o ovoidale. Meno ovvio un altro dato: la variante tipologica più attestata in assoluto, a testa ovoidale piccola e bassa (Tipo 8), è proprio quella i cui esemplari apparivano – in parecchi casi – non perfettamente levigati e con la testa intagliata in modo grezzo (cfr. anche Parenti in PALAZZO, PAVOLINI 2013, p. 294). Si tratta di una morfologia molto diffusa in generale, spesso prescelta – per la sua semplicità – da artigiani non specializzati e probabilmente prodotta a livello locale, come è quasi certo nel nostro caso. 29 Viene da chiedersi se simili sostanze fossero utilizzate anche nel corso delle ristrutturazioni edilizie che a più riprese coinvolsero la Basilica stessa, e che certamente compresero decorazioni o ridecorazioni pittoriche (ve ne furono, in particolare, proprio nella Fase 4b in esame: cfr. ibidem, p. 76). La cosa è probabile, ma è anche verosimile che le sostanze coloranti – così come gli altri manufatti prodotti nell’edificio – venissero vendute nelle botteghe forse di proprietà dei dendrofori (supra), ad uso degli abitanti del quartiere circostante. 30 Può sorprendere la presenza di artigiani dell’osso e dell’avorio, dei metalli, dei coloranti, forse del vetro, in periodi (le fasi 3 e 4) nei quali – come sappiamo – la Basilica era saldamente in mano ai dendrofori, che sul versante ‘professionale’ erano semmai degli specialisti del legno. E non hanno nulla a che fare con questo discorso i numerosi frammenti di legno, combusti o meno, rivelati dalle analisi di laboratorio (vd. Ferro e Rapinesi, infra), perché l’uso del fuoco era necessario nel corso di tutte le lavorazioni citate. La spiegazione è un’altra, e ci rimanda all’’alleanza’, ben nota dalle fonti, fra i dendrofori e altri organismi collegiali, anche a carattere artigianale (questione più ampiamente trattata PALAZZO, PAVOLINI 2013, pp. 481-84), o forse – più semplicemente – al fatto che i locali ex di servizio della Basilica potevano venir concessi in affitto ad altri e autonomi soggetti, come già accennato. 31 E riprendendo – e in alcuni casi discutendo – i dati e le conclusioni edite da Maria Adamo (ibidem, pp. 83-86, 111-17, 142-44, 248 s.), della quale non è stato possibile includere un contributo nei presenti Atti. 32 Cfr. infra (Parenti), con particolare riguardo alle tabelle e al grafico 1. 33 Il che invece è praticamente certo per i pochissimi aghi documentati nella Fase 6, allorché, come si è già detto, l’edificio era in corso di dismissione e di spoliazione e non era più sede di officine artigianali. 26 27 L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it 180 M.E. CALABRIA, D. FERRO, P. PALAZZO, M. PARENTI, T. PATILLI, C. PAVOLINI, I. A. RAPINESI, L. SAGUÌ Produzioni manifatturiere negli ambienti di servizio della Basilica Hilariana Il rinvenimento negli ambienti di servizio basilicali, denominati XII, XIII e XIV, di vasche in cocciopesto e di un piano di lavorazione con tracce di combustione ha dato luogo ad una indagine conoscitiva, destinata a caratterizzare i diversi materiali messi in luce e porli in relazione alle attività produttive. Durante la prima fase del lavoro è stata eseguita direttamente sul deposito archeologico, all’interno di tutti e tre gli ambienti, una campionatura dei materiali oggetto dell’indagine, da cui sono stati selezionati quarantasei prelievi, perlopiù provenienti dall’Ambiente XIV. In esso sono state differenziate alcune aree per la localizzazione dei prelievi, identificate con le lettere A, B, C, D, E, F, G (fig. 8). Secondo il criterio di campionamento adottato, sono state prelevate sostanze sia dai sedimenti che per colore e morfologia presentavano caratteristiche nettamente differenti dalla terra di scavo, sia dai reperti mobili rinvenuti in questi ambienti, successivamente rimossi e conservati presso il deposito provvisorio all’interno dell’Ospedale Militare Celio, denominato Antiquarium nelle tabelle che seguono. Tutte le sostanze prelevate sono state preliminarmente osservate al microscopio ottico, per effettuare una ulteriore microcampionatura in base alla omogeneità dei materiali componenti e quindi individuare le tecniche specifiche di analisi a cui sottoporle. L’utilizzo di tecniche analitiche basate su differenti metodi ha permesso di fare confronti e/o integrazioni per la definizione della composizione dei singoli materiali, evidenziando così un ottimo accordo tra dati ricavati da strumentazioni differenti: - analisi diffrattometrica ai raggi X di polveri per campioni microcristallini (XRD) - microscopia a scansione elettronica (SEM) per l’evidenziazione delle caratteristiche morfologiche - microanalisi elettronica a dispersione di energia, per analisi qualitativa e quantitativa degli elementi (EDS). Le molteplici attività produttive praticate sono state individuate mediante i risultati analitici e articolate nei diversi ambienti. Ambiente XII In questo ambiente, nella Fase 5, Attività 18, US 5021, nell’area denominata α in fig. 8 sono state os- Fig. 8. - Basilica Hilariana. Pianta degli Ambienti XII, XII, XIV, con localizzazione dei prelievi. servate le maggiori concentrazioni di parti vetrose, oltre a recipienti fittili in diverso stato di conservazione contenenti residui di sostanze (tab. 1). Campioni nn. 1, 2, 3: i residui prelevati all’interno di recipienti fittili – due pareti di anfore non meglio specificabili e uno spatheion – sono costituiti da sostanze di natura cristallina quali quarzo, calcite, analcime, diopside, muscovite, con le quali si ipotizza venisse preparato una sorta di composto base per la preparazione di colori; nello specifico, la calcite era usata come componente per l’impasto e il quarzo per conferire ad esso brillantezza. Campione n. 26: frammenti di lastre di colore verde, molto decoese, caratterizzate alla microsonda dalla presenza di elementi quali silicio, calcio, alluminio, manganese, sodio, potassio, tipici della composizione delle masse di natura vetrosa, dato quest’ultimo confermato dall’assenza di esiti all’analisi XRD, propria di sostanze di natura amorfa. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it DESCRIZIONE CAMPIONI AMBIENTE PRELIEVO PRELEVATI CONTENUTO 1 COMPOSIZIONI MEDIE CARATTERIZZAZIONE Micronalisi EDS in ossidi SPECIE MINERALOGICHE (% in peso) Diffrazione X (*) Qz, Ca, An. Diop. Musc. XII Antiquarium SPATHEION 2 CONTENUTO ANFORA XII Antiquarium Qz, Ca, An. Diop. Musc. 3 CONTENUTO ANFORA XII Antiquarium Qz, Ca, An. Diop. Musc. SiO2 (77), Al2O3 (12), 26 LASTRA VERDE XII MgO(1.5), FeO Antiquarium (0.7),CaO (5), Na2O (2), K2O (1.8) (*) Legenda: An = analcime; Ap: apatite; Ca = calcite; Diop = Diopside; Feld = feldspati; Hem: ematite; Il l= illite; Leu = leucocite; Musc = muscovite; Qz = quarzo Tabella 1 Ambiente XIII In questo ambiente, nella Fase 4b, Attività 14, US 5054, nell’area denominata β in fig. 8 sono stati individuati reperti con superficie porosa e evidenti esiti di sbollitura, identificati alle analisi come scorie metalliche (campione n. 4, fig. 9), parti di crogiolo con scorie (n. 5), tondelli metallici (n. 6), tutti con tracce residue di processi fusori di leghe a base di rame, con la presenza di ossidi e cristallizzazioni caratteristiche (tab. 2). La testimonianza di una attività che includeva processi termici è data dal ritrovamento di residui carboniosi nei campioni n. 8, n. 9 e n. 10, ancora presenti sulle pareti interne di recipienti fittili, mentre il campione n. 11 si riferisce ad un materiale ceramico. Fig. 9. - Basilica Hilariana, Ambiente XIII: scoria metallica da fusione (in tabella, campione n. 4). Ambiente XIV Sono stati trovati qui reperti fittili di diversa dimensione e forma contenenti terre lavorate, mentre altri, con il fondo arrotondato tipico dei crogioli, mostrano ancora segni di processi fusori per metalli. Infine alcuni materiali eterogenei sono stati rinvenuti nella Fase 4b, Attività 14, US 5234, soprattutto nell’area denominata A: vetri, ossa di animali, legni combusti e piccoli oggetti finiti in osso, quali aghi crinali, pedine, dadi da gioco 34. Nell’area di campionatura δ della zona D, Attività 14, US 5234, sono stati prelevati da frammenti di ceramica alcuni depositi (campioni nn. 16-18, fig. 10; tab. 3), risultati essere composti soprattutto da ossidi di vari elementi, quali silicio, ferro, manganese, rame, alluminio, calcio e potassio; la loro composizione e struttura può es- 34 V. infra, in questi stessi Atti, il contributo di M. Parenti. Fig. 10. - Basilica Hilariana, Ambiente XIV: fondo di recipiente fittile con deposito di terre colorate e sostanze vetrificate (in tabella, campione n. 18). L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it DESCRIZIONE CAMPIONI PRELEVATI PRELIEVO COMPOSIZIONI MEDIE Micronalisi EDS in ossidi (% in peso) XIII Antiquarium verde: CuO (68), SiO2 (20), Al2O3 (7), CaO (5) marrone: CuO (53), SiO2 (27), Al2O3 (7), CaO (13) XIII Antiquarium verde: CuO (84.8), SiO2 (15.2); marrone: CuO (13), SiO2 (67), SnO2 (20) DUE TONDELLI METALLICI XIII Antiquarium verde: CuO (50), SiO2 (6), CaO (10), P2O5 (34) marrone: CuO (42.3), PbO (57.7) MATERIALE INTERNO GRANDI CONTENITORI XIII Antiquarium FRAMMENTO FITTILE XIII Antiquarium Carbone 9 FRAMMENTO FITTILE XIII Antiquarium Carbone XIII Antiquarium Carbone 10 PRELIEVO DA FRAMMENTO FITTILE A FORMA TRAPEZOIDALE 11 PICCOLE MASSE NERE XIII Antiquarium 4 SCORIE 5 PARTI DI CROGIOLO CON SCORIE 6 7 8 AMBIENTE RESIDUI ORGANICI CARATTERIZZAZIONE SPECIE MINERALOGICHE Diffrazione X Qz, Ca, Feld. CuO, An, SnO2 Qz, Ca, An, SnO2, Ap, Carbonati .Pl, Diop. (*) Legenda: An = analcime; Ap: apatite; Ca = calcite; Diop = Diopside; Feld = feldspati; Hem: ematite; Il l= illite; Leu = leucocite; Musc = muscovite; Qz = quarzo Tabella 2 DESCRIZIONE CAMPIONI PRELEVATI AMBIENTE PRELIEVO 16 RESIDUI PRELEVATI DA FONDO REPERTO FITTILE XIV D verde: SiO2 50, CuO 32, CaO 14; Al2O3 4 marrone: SiO2 64, CuO 11 Al2O3 11, Na2O 9, MgO 5 17 RESIDUO PRELEVATO DA FRAMMENTO DI MANICO FITTILE XIV D SiO2 37.45, Al2O3 10.47, FeO 7.89, Mg O 2.39, CaO 12.99, Na2O 0.37, K2O 0.64, CuO 17.32 PbO 8.00 18 FRAMMENTO FITTILE CON TRACCE VETRIFICATE XIV D COMPOSIZIONI MEDIE Micronalisi EDS in ossidi (% in peso) chiara: SiO2 60.81,Al2O3 13.09, FeO 5.97, MgO 2.76, CaO 8.60, Na2O 3.42, K2O 1.94, CuO 1.55, PbO 1.88 scura: SiO2 = 53.85, Al2O3 12.30, FeO 4.42, MgO 3.14, CaO 19.02, Na2O 2.63, K2O 1.30, CuO 1.47, PbO 1.54 (*) Legenda: Tabella 3 An = analcime; Ap: apatite; Ca = calcite; Diop = Diopside; Feld = feldspati; Hem: ematite; Ill = illite; Leu = leucocite; Musc = muscovite; Qz = quarzo. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it PRODUZIONI ARTIGIANALI NELLA BASILICA HILARIANA SUL CELIO FRA TARDA ANTICHITÀ E ALTO MEDIOEVO DESCRIZIONE CAMPIONI PRELEVATI COMPOSIZIONI MEDIE Micronalisi EDS in ossidi (% in peso) CARATTERIZZAZIONE SPECIE MINERALOGICHE Diffrazione X AMBIENTE PRELIEVO XIV In situ, area E Carboni di legno In situ, area E Carboni di legno 19 CARBONCINI + TERRA COLORE VERDASTRO 20 FRAMMENTI LIGNEI 21 FRAMMENTI COMBUSTI CON COLORAZIONE VERDE XIV In situ, area E Carboni di legno 22 FRAMMENTI COMBUSTI XIV In situ, area E Carboni di legno 23 FIBRE XIV Antiquarium 31 FRAMMENTI LIGNEI CON DEPOSITO DI COLORE VERDE BRILLANTE XIV In situ, area E 32 FIBRE COLORE VERDE CHIARO XIV In situ, area E FIBRE DI COLORE BRUNO XIV In situ, area E CaO (33) CuO (20), P2O5(40), FeO(7) Fibre legnose incombuste FRAMMENTI FITTILI CON RESTI VEGETALI E FIBROSI XIV In situ, area E CaO (70), P2O5 (23) FeO (7) Fibre legnose incombuste 36 37 XIV CuO (48), CaO (32), P2O5 (20) 183 Qz, Ca, Feld. Fibre legnose incombuste Fibre legnose incombuste Tabella 4 sere riferibile a coloranti misti a sostanze vetrose, ossia pigmenti per l’uso sia in pittura che nella produzione vetraria. Inoltre in questo ambiente, nella zona identificata con E, sono molto abbondanti nell’area di campionamento ε residui di combustione, come carboni di legno (tab. 4). All’interno di questa area si trovava anche un pozzetto (US 5237, Attività 14, Fase 4b), ove sono stati rinvenuti resti vegetali (nn. 36, 37) ed una consistente quantità di depositi di colore verde (n. 31), risultati essere costituiti da composti del rame, impiegati probabilmente come coloranti. Sempre da quest’area, inoltre, provengono modeste quantità di residui di terre colorate, che alla os- L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it 184 M.E. CALABRIA, D. FERRO, P. PALAZZO, M. PARENTI, T. PATILLI, C. PAVOLINI, I. A. RAPINESI, L. SAGUÌ servazione al SEM-EDS si presentano omogenei per composizione e granulometria, caratteristiche che rimandano ad un processo di lavorazione per macinazione. Si tratta dei materiali campionati con i nn. 24 e 34, costituiti da ossido di ferro (giallo-rosso), e n. 38, da ossido di manganese (bruno). Particolare infine è il rinvenimento di notevoli quantità di valve di ostriche, probabilmente destinate alla macinazione e alla miscelazione con pigmenti, per aumentarne la brillantezza. Si può presumere quindi che all’interno dello stesso ambiente si potessero produrre autonomamente sostanze con funzione di coloranti. Nel settore denominato F, infine, è stato individuato un piano di focolare (US 5239, Fase 4b, Attività 14) sul quale si era compattata una massa costituita da quarzo, calcio, silicati e fosfati (campioni nn. 43, 45). In base ai risultati descritti è possibile formulare l’ipotesi che all’interno dei tre ambienti, nel corso della loro occupazione (e in particolare nelle Fasi 4 e 5) fossero esercitate attività di officine, attinenti a varie produzioni: preparazioni di materiali coloranti, lavorazioni di masse a base vetrosa, fusione di metalli, testimoniata quest’ultima dalla presenza di frammenti fittili probabilmente impiegati come crogioli, associati a residui di fusione e ad una quantità relativamente grande di scorie di bronzo 35. Infine il ritrovamento 36 di una notevole quantità di aghi crinali in osso e di un piccolo numero di pedine e di dadi rimanderebbe alla produzione di un laboratorio per la lavorazione di materiali in osso. Sempre dall’Ambiente XIV, zona E, proviene un campione, identificato con il n. 38, di cui si presenta il procedimento analitico adottato per il riconoscimento degli elementi presenti in microaree. Si possono distinguere dei corpuscoli più chiari di ossido di piombo nella matrice dei composti del rame. Gli ossidi di rame possono essere introdotti nel vetro fuso come qualsiasi composto mineralogico, anche se gli ossidi e i carbonati sono i più usuali in condizioni ossidanti: gli ossidi di rame colorano il vetro di blu/verde, a seconda di quali altri modificatori di reticolo siano presenti. Con l’ossido di piombo, l’ossido di rame im- Si tratta delle scorie descritte supra, Ambiente XIII, p. 181. 36 Vd. il citato contributo di M. Parenti. 37 Sono state utilizzate essenzialmente le suddivisioni proposte da Béal e dalla Bianchi. Il presente contributo è una rielaborazione della ricerca già edita dalla scrivente in PALAZZO, PAVOLINI 2013, pp. 289-295. 35 partisce al vetro una colorazione verde, con sodio o potassio il colore sarà blu. (D.F., I.A.R.) Attività artigianali nel settore meridionale della Basilica Hilariana: gli spilloni in osso e avorio Negli scavi eseguiti nel settore meridionale della Basilica Hilariana (1997-1998) sono stati rinvenuti numerosi aghi crinali in osso e avorio (circa 189), dei quali meno della metà risulta perfettamente conservato: per il resto si tratta di aghi frammentari, alcuni ancora grezzi e con tracce di combustione. Lo studio tipologico di questi spilloni 37 è stato svolto in modo complementare alla loro contestualizzazione stratigrafica: sono stati, infatti, analizzati e utilizzati i lavori sulla stratigrafia e lo studio di tutti gli altri materiali rinvenuti nello scavo 38. Negli stessi contesti sono stati ritrovati anche altri sporadici oggetti in osso, tra i quali cucchiaini, spatoline, manici ed elementi decorativi come 4 bacchette scanalate, a sezione quadrangolare, forse elementi non finiti per piccole cornici (fig. 11). Tutti questi oggetti risultano di particolare interesse nell’ipotesi che, nel citato settore della Basilica, esistessero ambienti nei quali venivano prodotti questo tipo di manufatti. Contestualizzazione stratigrafica Un discreto numero di spilloni (circa 52) sono stati rinvenuti negli strati che obliterarono il vano di accesso al praefurnium (Ambiente VI), e che testimoniano di un livellamento dei piani di calpestio e di una diversa destinazione d’uso di alcuni ambienti della parte sud della Basilica (Fase 4a) 39. Ad un periodo immediatamente successivo sono ascrivibili il maggior numero di spilloni (circa 130), rinvenuti negli ambienti XIII e XIV (settore sud-orientale), negli strati che testimoniano di nuove attività produttive 40. Ciò si può dedurre dallo studio dei materiali ritrovati negli strati di interro che segnarono il definitivo abbandono dei suddetti ambienti. Infine, alla seconda metà del VI secolo 41 sono attriPALAZZO, PAVOLIN I 2013, passim. Cfr. ibidem, p. 75 e nota 84 (metà III secolo), e in questi stessi Atti, supra, il contributo di P. Palazzo e C. Pavolini. 40 Cfr. supra: Fasi 4b e 5, seconda metà del III-metà del V secolo. 41 Cfr. supra: Fase 6. 38 39 L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it PRODUZIONI ARTIGIANALI NELLA BASILICA HILARIANA SUL CELIO FRA TARDA ANTICHITÀ E ALTO MEDIOEVO 185 Fig. 13. - Aghi crinali, tipi 6 e 13. Fig. 11. - Sopra, elementi in osso per possibili cornicette; sotto, aghi crinali frammentari e (a destra) manico frammentario in osso. buibili un esiguo numero di spilloni (circa 19), rinvenuti nell’Ambiente X: essi attesterebbero ancora l’esistenza di attività produttive, che fin dalla Fase 5 erano state, però, spostate nei vani centrali della metà meridionale della Basilica. Tipologia Dai confronti tipologici si deduce che la maggior parte degli spilloni rinvenuti appartiene al tipo con testa ovoidale (Tipo Béal A XX, 8), che è presente in numerose varianti: quella maggiormente attestata presenta la sommità piccola e bassa (fig. 12) 42: si tratta di aghi molto diffusi, semplici da realizzare, anche da artigiani poco specializzati. Discreto è anche il numero di quelli con alta testa ovoidale e sommità appuntita (‘a oliva allungata’) o solo lievemente appuntita (fig. 13) 43; numericamente più esigui gli esemplari con testa ovoidale e sommità piatta 44 e quelli tipo II/1 di Birò 45. Tra gli spilloni rinvenuti, ve ne sono alcuni a testa Fig. 12. - Aghi crinali, tipo 8. 42 BIRÒ 1987, p. 181, fig. 17, n. 97: type VII; BIANCHI 1995, nn. 17, 20, 39, pp. 60-61. 43 BÉAL 1987, p. 197, n. 372e; BIANCHI 1995, n.68, p. 64; BIRÒ 1987: type I/1; BIANCHI 1995, nn. 71, 101, p. 59. 44 BÉAL 1987, p. 187, n. 372f; BIRÒ 1987: type V; BIANCHI 1995, n. 117, p. 66. 45 BIRÒ 1987: type II/1; BIANCHI 1995, n. 74, p. 65. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it 186 M.E. CALABRIA, D. FERRO, P. PALAZZO, M. PARENTI, T. PATILLI, C. PAVOLINI, I. A. RAPINESI, L. SAGUÌ Fig. 14. - Aghi crinali, tipo 4. Fig. 16. - Aghi crinali, tipo 11. sferica (tipo Béal A XX, 7; fig. 14), un’altra tipologia molto diffusa nel mondo romano 46, come anche quelli a testa conica (fig. 15) 47. Pochi sono gli esemplari riferibili ad altre tipologie: due spilloni con testa indistinta dallo stelo (tipo Béal A XX, 2), nelle due varianti (a e b), con sommità piatta ed a forma di basso cono 48. Tre sono gli esemplari con testa cilindrica (fig. 16) 49. Vi sono poi uno spillone con sommità a forma sferica e tre solchi incisi nella parte superiore dello stelo (Béal A XX, 13) 50; un esemplare che potrebbe essere confrontato con gli aghi a testa figurata (Béal A XXI, 8) 51; e infine uno spillone a testa piriforme e parte superiore dello stelo decorata con tre solchi ed un collarino 52. Cronologia Fig. 15. - Aghi crinali, tipo 5. Le tipologie degli spilloni (tab. 5; grafici 1-2) rinvenuti nella Basilica Hilariana confermano, in gran parte, le datazioni che ad esse sono state fin qui attribuite dagli studiosi. Si tratta di tipologie diffuse soprattutto dalla media BÉAL 1983, A XX, 7; BIANCHI 1995, nn. 29, 35, p. 56. BÉAL 1983, pp. 187-188; BIANCHI 1995, n. 70, p. 54. 48 BÉAL 1983, A XX, 2, varianti a e b; BIANCHI 1995, n. 90, p. 49 e n. 33, p. 49. 49 BIANCHI 1995, nn. 76, 102, p. 67; BIRÒ 1987, p. 181, fig. 17, n. 94: type IV. BÉAL 1983, p. 202; BIANCHI 1995, n. 32, p. 53. BÉAL 1983, pp. 228-229; BIANCHI 1995, n. 67, p. 83. 52 BÉAL 1987, pp. 197-198, n. 373; BIANCHI 1995, n. 46, p.68: il collarino presente in questo esemplare risulta più pronunciato rispetto a quello in esame, rinvenuto nella Basilica Hilariana. 46 47 50 51 L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it PRODUZIONI ARTIGIANALI NELLA BASILICA HILARIANA SUL CELIO FRA TARDA ANTICHITÀ E ALTO MEDIOEVO TIPI INDIVIDUATI Spilloni con testa indistinta dallo stelo Spilloni con testa indistinta dallo stelo (ALICU-NEMES 1982, tipo c: II secolo d.C.; BÉAL 1983, A XX, 2, variante b; BIANCHI 1995, n. 90, p. 49). (ALICU-NEMES 1982, tipo b: III secolo d.C.; BÉAL 1983, A XX, 2, variante a; BIANCHI 1995, n. 33, p. 49). (BÉAL 1983, A XX, 13; BIANCHI 1995, n. 32, p. 53). I-IV sec. d.C. I-IV sec. d.C. I-III/IV sec. d.C. Fine Iinizi V sec. d.C. TIPO 2 TIPO 3 TIPO 4 TIPO 1 Spilloni con testa indistinta dallo stelo, a forma di calotta sferica 187 Spilloni con testa sferica (BÉAL 1983, A XX, 7; BIANCHI 1995, nn. 29, 35, p. 56). CONTESTI STRATIGRAFICI Fase 4a, Attività 12 metà III secolo d.C. Fase 4a, Attività 13 metà III secolo d.C. Fase 4b, Attività 14 seconda metà III secolo d.C. Fase 5, Attività 19 metà V secolo d.C. TIPI INDIVIDUATI 1 1 1 1 5 1 6 Spilloni con testa indistinta dallo stelo Spilloni con testa indistinta dallo stelo (ALICU-NEMES 1982, tipo c: II secolo d.C.; BÉAL 1983, A XX, 2, variante b; BIANCHI 1995, n. 90, p. 49). (ALICU-NEMES 1982, tipo b: III secolo d.C.; BÉAL 1983, A XX, 2, variante a; BIANCHI 1995, n. 33, p. 49). (BÉAL 1983, A XX, 13; BIANCHI 1995, n. 32, p. 53). I-IV sec. d.C. I-IV sec. d.C. I-III/IV sec. d.C. Fine Iinizi V sec. d.C. TIPO 2 TIPO 3 TIPO 4 TIPO 1 Spilloni con testa indistinta dallo stelo, a forma di calotta sferica Spilloni con testa sferica (BÉAL 1983, A XX, 7; BIANCHI 1995, nn. 29, 35, p. 56). CONTESTI STRATIGRAFICI Fase 4a, Attività 12 metà III secolo d.C. Fase 4a, Attività 13 metà III secolo d.C. Fase 4b, Attività 14 seconda metà III secolo d.C. Fase 5, Attività 19 metà V secolo d.C. TIPI INDIVIDUATI 1 1 1 1 5 1 6 Spilloni con testa indistinta dallo stelo Spilloni con testa indistinta dallo stelo (ALICU-NEMES 1982, tipo c: II secolo d.C.; BÉAL 1983, A XX, 2, variante b; BIANCHI 1995, n. 90, p. 49). (ALICU-NEMES 1982, tipo b: III secolo d.C.; BÉAL 1983, A XX, 2, variante a; BIANCHI 1995, n. 33, p. 49). (BÉAL 1983, A XX, 13; BIANCHI 1995, n. 32, p. 53). I-IV sec. d.C. I-IV sec. d.C. I-III/IV sec. d.C. Fine Iinizi V sec. d.C. TIPO 2 TIPO 3 TIPO 4 TIPO 1 Spilloni con testa indistinta dallo stelo, a forma di calotta sferica Spilloni con testa sferica (BÉAL 1983, A XX, 7; BIANCHI 1995, nn. 29, 35, p. 56). CONTESTI STRATIGRAFICI Fase 4a, Attività 12 metà III secolo d.C. Fase 4a, Attività 13 metà III secolo d.C. Fase 4b, Attività 14 seconda metà III secolo d.C. Fase 5, Attività 19 metà V secolo d.C. 1 1 1 1 5 1 6 Tabella 5. Contestualizzazione stratigrafica e quantificazione di tutti i tipi L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it 188 M.E. CALABRIA, D. FERRO, P. PALAZZO, M. PARENTI, T. PATILLI, C. PAVOLINI, I. A. RAPINESI, L. SAGUÌ Grafico 1. Contestualizzazione stratigrafica e quantificazione dei tipi maggiormente attestati (rielaborazione di P. Palazzo e C. Pavolini dei dati forniti da M. Parenti). Grafico 2. Presenze numeriche di tutti i tipi individuati in tutte le fasi stratigrafiche. alla tarda età imperiale, come i diversi tipi di spilloni a testa ovoidale (II-IV secolo d.C.): quelli rinvenuti nella Basilica sono presenti soprattutto in contesti di III-IV secolo, ma non mancano attestazioni, seppure esigue, negli strati di abbandono delle attività lavorative impiantate negli ambienti sud-orientali (V secolo d.C.). Di questa morfologia, l’unico tipo attestato nella Basilica, quello cosiddetto ‘a oliva allungata’ 53, nella Basilica è presente anche in contesti della metà del III secolo d.C., mentre finora risultava bibliograficamente attestato dal IV secolo in poi. 53 Cfr. supra. Gli spilloni a testa sferica costituiscono una tipologia molto diffusa nel mondo romano, attestati dalla fine del I al V secolo d.C.: nella stratigrafia della Basilica sono presenti nei grossi strati di scarico di V secolo d.C. Gli aghi crinali a testa conica sono piuttosto diffusi a partire dal II secolo d.C., ma attestati soprattutto dal III-IV secolo: nella stratigrafia della Basilica questi manufatti sono stati rinvenuti in contesti che confermano tale datazione, ma anche in uno strato di obliterazione di V secolo. Gli aghi con testa indistinta dallo stelo sono generalmente attestati in livelli di metà III secolo, ma nella Basilica è presente anche un residuo in un contesto di V secolo. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it PRODUZIONI ARTIGIANALI NELLA BASILICA HILARIANA SUL CELIO FRA TARDA ANTICHITÀ E ALTO MEDIOEVO 189 Anche quelli con testa cilindrica, attestati dal III secolo al tardo impero, qui sono presenti in strati di IIIIV secolo e di V secolo. Infine, gli esemplari del tipo Béal A XXI, 8, datati al I-V secolo, sono stati rinvenuti in contesti di V secolo; il tipo Béal A XX, 13, diffuso dal I, ma soprattutto attestato dal III-IV secolo, è documentato in uno strato di metà III secolo; un esemplare di spillone a testa piriforme e parte superiore dello stelo decorata da tre solchi e un collarino, riferibile ad un tipo attestato in età tardo imperiale, è qui presente in una US di V secolo. (M.P.) Possibili indicatori di produzione vetraria La lavorazione del vetro potrebbe inserirsi coerentemente tra le diverse attività produttive documentate nella Basilica Hilariana nel corso della Fase 4 e, soprattutto, nella fase successiva, che vede la dismissione dell’edificio come sede collegiale dei dendrofori e luogo di culto delle divinità anatoliche, contestualmente alla ristrutturazione e alla più ampia diffusione di attività artigianali. Una revisione dei materiali considerati nella recente pubblicazione dello scavo come indicatori di produzione vetraria invita tuttavia alla prudenza. Per quanto riguarda la Fase 4a, i reperti considerati significativi in questo senso sono infatti limitati ad ‘una piccola massa vitrea informe e schiumosa identificabile molto probabilmente come scoria’ e ad ‘uno scarto di lavorazione di bottiglia con orlo e ansa deformati e ripiegati su se stessi’ 54. In particolare nel caso del secondo frammento potrebbe trattarsi semplicemente di un esemplare deformato dal calore. Maggiore interesse presentano i reperti della Fase 5 (decenni centrali del V secolo), costituiti in assoluta maggioranza da tessere di mosaico. Si tratta infatti di ben 3866 tessere di colori diversi, opache e traslucide, su un complesso di 4090 frammenti vitrei 55. In presenza di resti di malta ancora aderenti e di altri indicatori di produzione si potrebbe pensare a materiale di recupero, da riutilizzare nell’amalgama. È questa l’ipotesi formulata, ad esempio, nel caso delle tessere di mosaico rinvenute nei depositi di VII e di 54 55 M. Adamo in PALAZZO, PAVOLINI 2013, p. 84. M. Adamo, ibidem, p. 113 e p. 117, tabella 1. Fig. 17. - Basilica Hilariana. Pane di vetro dalla Fase 6 (residuo?). VIII secolo nell’esedra della Crypta Balbi 56. Sulle tessere vitree in esame non sono stati tuttavia individuati resti di altra natura, se non quelli di una notevole corrosione, e gli strati di questo periodo non hanno restituito indicatori di produzione vetraria. Bisogna inoltre osservare che non tutte le tessere sono di forma cubica o parallelepipeda: in alcuni casi potrebbe trattarsi di schegge o di scarti risultanti dal taglio. Tra i reperti, molti dei quali residuali, rinvenuti negli interri della Fase 6, che segna la cessazione di ogni forma di attività artigianale, spicca tuttavia un pane di vetro dello spessore di circa cm 2, di colore rosso scuro, privo dei bordi originari (fig. 17 e tav. XXIII). Le striature verdastre, apparentemente nere, visibili in sezione, sono dovute al rame usato per la realizzazione di questo colore, che richiedeva conoscenze molto specializzate 57. Lastre di questo tipo, in genere discoidali (francese galettes, inglese glass cakes), rappresentano prodotti semi- 56 57 SAGUÌ 2001, in particolare pp. 307-308; SAGUÌ, MIRTI 2003. FREESTONE, STAPLETON, RIGBY 2003. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it 190 M.E. CALABRIA, D. FERRO, P. PALAZZO, M. PARENTI, T. PATILLI, C. PAVOLINI, I. A. RAPINESI, L. SAGUÌ Fig. 18. - Basilica Hilariana. Goccia di aspetto vetroso dalla Fase 6 (residuo?). Fig. 19. - Domus di Gaudentius nell’Ospedale Militare Celio. Frammento di vetro grezzo. finiti utilizzati soprattutto dai mosaicisti: esse venivano infatti impiegate per la produzione di tessere di mosaico, che si ottenevano mediante la loro percussione. La realizzazione delle tessere si svolgeva in genere direttamente nei cantieri che ne prevedevano l’impiego o in prossimità di essi, come indica l’associazione di lastre e di tessere musive in edifici di alto livello ed in contesti diversi 58. Degli altri 4 frammenti pertinenti alla Fase 6, illustrati e considerati indicatori di produzione da M. Adamo 59, solo quello in basso a sinistra (una goccia dall’aspetto vetroso: qui fig. 18 e tav. XXIIIb) può forse essere considerato tale. Poiché non possiamo escludere che il citato pane di vetro rinvenuto – verosimilmente come residuo – negli strati della Fase 6 sia da associare alle numerosissime tessere di mosaico della fase precedente, è possibile ipotizzare che tra le diverse attività artigianali attestate nel complesso figurasse anche la produzione di tessere musive in vetro. Spingersi oltre nelle congetture sarebbe davvero azzardato, ma non possiamo fare a meno di chiederci se la vicinanza topografica con la chiesa di Santo Stefano Rotondo e la coincidenza cronologica tra le attività svolte nei decenni centrali del V secolo nell’area un tempo occupata dalla Basilica Hilariana e la costruzione della chiesa stessa 60, rappresentino qualcosa di più di una semplice suggestione, secondo la quale almeno alcuni artigiani attivi sul nostro sito avrebbero potuto essere impegnati nel grande cantiere dell’edificio ecclesiastico. Che la decorazione originaria della chiesa prevedesse anche mosaici parietali in vetro è del resto molto plausibile, anche se non sappiamo a quale fase si riferissero le ‘molte tessere di vetro colorato di mosaico parietale’ rinvenute negli strati di età carolingia che riempirono il canale circolare all’esterno dell’edificio 61. Segnaliamo, infine, un indicatore di produzione interessante, non pubblicato nel volume sugli scavi della Basilica Hilariana in quanto proveniente da strati di abbandono della vicina domus di Gaudentius. Si tratta di un grosso frammento di vetro grezzo (cm 12 x 9 circa), di colore ametista (fig. 19 e tav. XXIIIc). Pur sottolineando da un lato che la presenza di blocchi di vetro grezzo non è assolutamente sufficiente, in assenza di altre testimonianze, ad identificare un sito produttore, dall’altro che nulla possiamo dire della provenienza e datazione originarie del reperto, un suo riferimento al contesto delle attività artigianali qui illustrate non è da escludere a priori. (L.S.) 58 59 FOY 2008, con bibliografia. In PALAZZO, PAVOLINI 2013, p. 142, fig. 198. 60 61 BRANDENBURG 2004, con ampia bibliografia. Cfr. ibidem, p. 502. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it PRODUZIONI ARTIGIANALI NELLA BASILICA HILARIANA SUL CELIO FRA TARDA ANTICHITÀ E ALTO MEDIOEVO 191 Fig. 20. - Basilica Hilariana, Fase 9, US 5335. Tipi ceramici dei secoli IX-XI. Il materiale ceramico medievale della fossa 5334 Il materiale ceramico ritrovato all’interno della fossa individuata nell’Ambiente XXIII della Basilica Hilariana era costituito da un riempimento unitario (US 5335, Fase 9) databile tra il IX e l’XI secolo 62. 62 Tra i frammenti recuperati (257 frammenti) sono state riconosciute 6 classi ceramiche, con una prevalenza della ceramica comune da cucina (40%) affiancata dalla ceramica acroma depurata (35%), e solo per queste due classi è stato possibile individuare alcune forme diagnostiche. Cfr. M. E. Calabria, T. Patilli in PALAZZO, PAVOLINI 2013, pp. 161-165. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it 192 M.E. CALABRIA, D. FERRO, P. PALAZZO, M. PARENTI, T. PATILLI, C. PAVOLINI, I. A. RAPINESI, L. SAGUÌ Le olle in ceramica da cucina si caratterizzano per il corpo globulare oppure ovoide con orlo estroflesso (fig. 20,1-4) 63, in alcuni casi con un gradino interno (fig. 20, 5-7) 64 oppure con collo breve (fig. 21, 7-9) 65. Le forme in ceramica acroma depurata, utilizzate per la mensa o la dispensa, sono anch’esse per lo più costituite da olle a orlo estroflesso, il più delle volte leggermente ingrossato (fig. 20, 13-15), e corpo tendenzialmente ovoide o globulare 66. A questa stessa classe appartiene un’anforetta biansata ad alto collo leggermente rientrante, quasi del tutto integra (fig. 21, 7-10), decorata a pettine con fasce di linee che delimitano gruppi di piccoli tratti 67. Il materiale invetriato è rappresentato da frammenti a vetrina pesante (9%) con decorazione a pinoli, rivestiti prevalentemente da una vetrina che va dai toni del verde oliva a quelli del giallo intenso. Sono stati riconosciuti due frammenti di brocche ad alto collo e orlo verticale (fig. 20, 11) segnate esternamente da scanalature e databili tra la fine del IX e il X secolo 68, e alcuni esemplari di fondi, probabilmente scarti di lavorazione, convessi, con decorazione incisa a onda. Solo il 2% del contesto è rappresentato da frammenti con una vetrina marrone piuttosto scadente; è stata riconosciuta solo un’olla con orlo ingrossato a sezione lenticolare e profilo curvilineo, confrontabile con una forma simile rinvenuta a Porto e databile al VII secolo (fig. 20, 12) 69. La vetrina sparsa (3%) è rappresentata esclusivamente da piccoli frammenti che non offrono informazioni utili da un punto di vista diagnostico. I frammenti di anfore costituivano l’11% del materiale, ma anche per questi non è stato possibile risalire al tipo e alla relativa datazione. L’esame dei materiali evidenzia un contesto cronologicamente omogeneo con forme piuttosto comuni nel panorama romano altomedievale. Alcuni difetti morfologici riscontrati su fondi convessi di olla in ceramica a vetrina pesante (fig. 21), la mancanza di rivestimento vetroso su forme notoriamente invetriate 70, e tracce di vetrina occasionale su forme in ceramica comune lasciano supporre che tra il complesso del materiale ceramico proveniente dalla fossa 5334 ci siano materiali di scarto provenienti da un’ipotetica zona di produzione situata nei pressi dell’area e non ancora identificata. (M.E.C., T.P.) Per i confronti si veda MANACORDA 1985, p. 176, n. 6; PAT1991, p. 123, fig. 24, n. 11. 64 PAROLI, VENDITTELLI 2004, p. 511, tav. II, 21 e p. 514, n. 41. 65 MANACORDA 1985, p. 179, n. 62; ARENA, DELOGU, PAROLI et alii 2001, p. 579, V.4.5; PAROLI, VENDITTELLI 2004, p. 514, n. 42. 66 RICCI 1998, p. 39, fig. 4.6; ARENA, DELOGU, PAROLI et alii 2001, p. 522, IV. 6. 51. ARENA, DELOGU, PAROLI et alii 2001, p. 561, V.1.6. ARENA, DELOGU, PAROLI et alii 2001, p. 578, IV.2. 69 PAROLI, VENDITTELLI 2004, p. 447, n. 32. 70 Tra i frammenti con decorazione a pinoli sono emersi due esemplari completamente privi di vetrina (fig. 22): si tratta di un frammento di parete riconducibile a una brocca e di un orlo di scaldavivande o coperchio. Fig. 21. - Basilica Hilariana, Fase 9, US 5335. Fondo di olla in ceramica a vetrina pesante. Fig. 22. - Basilica Hilariana, Fase 9, US 5335. Frammenti con decorazione a pinoli, privi di vetrina. 63 TERSON 67 68 L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it PRODUZIONI ARTIGIANALI NELLA BASILICA HILARIANA SUL CELIO FRA TARDA ANTICHITÀ E ALTO MEDIOEVO Bibliografia ALICU, NEMES 1982 = D. ALICU, E. NEMES, Obiecte de os descoperite la Ulpia Traiana Sarmizegetusa, in ActaMus Napoca, 19, 1982, pp. 345-56. ARENA, DELOGU, PAROLI et alii 2001 = M.S. ARENA, P. DELOGU, L. PAROLI et alii (a cura di), Roma dall’antichità al medioevo. Archeologia e storia nel Museo Nazionale Romano Crypta Balbi, Roma 2001. AURIGEMMA 1910 = S. AURIGEMMA, Dendrophori, in Dizionario Epigrafico, II, 2, Spoleto 1910, pp. 1671-1705. BÉAL 1983 = J.-C. BÉAL, Catalogue des objets de tabletterie du Musée de la civilisation gallo-romaine de Lyon, Lyon 1983. BÉAL 1987 = J.-C. BÉAL, Le vêtement et la parure in Autun Augustodunum, capitale des Eduens, Autun 1987. BIANCHI 1995 = C. 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TAVOLA XXII L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it TAVOLA XXIII a. Basilica Hilariana. Pane di vetro dalla Fase 6 (residuo?). b. Basilica Hilariana. ‘Goccia’ di aspetto vetroso dalla Fase 6 (residuo?). c. Domus di Gaudentius nell’Ospedale Militare Celio. Frammento di vetro grezzo. L’archeoLogia deLLa produzione a roma (secoLi V-XV) • isBn 978-88-7228-778-1 - © écoLe Francaise de rome / edipugLia - www.edipuglia.it INDICE A. MOLINARI, R. SANTANGELI, L. SPERA, L’archeologia della produzione a Roma (secoli V-XV). Introduzione 5 L. SPERA, C. PALOMBI, La banca dati e il GIS degli indicatori di produzione. Note topografiche e prime riflessioni di sintesi 9 N. GIANNINI, Il GIS e le attività produttive a Roma in età medievale. Una questione di metodo tra tendenze e fatti 73 ROMA ANTICA COME CENTRO PRODUTTIVO C. PANELLA, Roma imperiale come centro produttivo: le evidenze archeologiche F. COARELLI, Le attività artigianali nella Roma di età imperiale: fonti letterarie e fonti epigrafiche 97 119 EVIDENZE DI ATTIVITÀ PRODUTTIVE DAI GRANDI CANTIERI DI SCAVO L. VENDITTELLI, M. RICCI, L’isolato della Crypta Balbi 127 R. MENEGHINI, Fori Imperiali. Testimonianze di attività produttive medievali 143 M. SERLORENZI, G. RICCI, Passeggiando nella produzione: un excursus diacronico (VI-XIV secolo) attraverso gli indicatori della produzione provenienti dagli scavi della Metro C (piazza Venezia, piazza Madonna di Loreto, via Cesare Battisti) 153 M. E. CALABRIA, D. FERRO, P. PALAZZO, M. PARENTI, T. PATILLI, C. PAVOLINI, I. A. RAPINESI, L. SAGUÌ, Produzioni manifatturiere nella Basilica Hilariana sul Celio fra tarda antichità e alto Medioevo 173 R. PARIS, R. FRONTONI, G. GALLI, C. LALLI, Dalla villa al casale: attività produttive nella villa dei Quintili 195 ATTIVITÀ PRODUTTIVE NEI SECOLI V-XV: RELAZIONI DI SINTESI A. ROVELLI, La produzione della moneta a Roma tra tarda Antichità e Medioevo. Note su alcune questioni aperte 213 L. SAGUÌ, B. LEPRI, La produzione del vetro a Roma: continuità e discontinuità fra tardo antico e alto Medioevo 225 H. DI GIUSEPPE, La produzione laniera a Roma tra tardo antico e Medioevo: un caso di industria disattesa? 243 V. LA SALVIA, Impianti metallurgici tardoantichi ed altomedievali a Roma. Alcune riflessioni tecnologiche e storico-economiche a partire dai recenti rinvenimenti archeologici a Piazza della Madonna di Loreto 253 G. RASCAGLIA, J. RUSSO, La ceramica medievale di Roma: organizzazione produttiva e mercati (VIII-XV secolo) 279 J. DE GROSSI MAZZORIN, Lo sfruttamento degli animali domestici a Roma e nel Lazio nel Medioevo 309 L. PESCUCCI, F. PORRECA, P. CATALANO, Vivere e lavorare al centro di Roma in età medievale: il contributo dell’antropologia fisica 325 R. SANTANGELI VALENZANI, Calcare ed altre tracce di cantiere, cave e smontaggi sistematici degli edifici antichi 335 D. ESPOSITO, Tecniche murarie ed organizzazione dei cantieri, secoli VIII-XV: alcuni indicatori 345 C. CARLETTI, Produzione epigrafica tra tarda Antichità ed alto Medioevo. Discontinuità e tradizione 355 F. GUIDOBALDI, A. GUIGLIA, I rivestimenti pavimentali e parietali a Roma fino al IX secolo: le dinamiche delle scelte decorative e della produzione 369 G. BORDI, Tra pittura e parete. Palinsesti, riusi e obliterazioni nella diaconia di Santa Maria in Via Lata tra VI e XI secolo 395 I. BALDINI LIPPOLIS, Gioielli e oggetti in metallo prezioso 411 ATTIVITÀ ARTIGIANALI E BOTTEGHE ATTRAVERSO LE FONTI SCRITTE C. WICKHAM, Gli artigiani nei documenti italiani dei secoli XI e XII: alcuni casi di studio 429 J.-C. MAIRE VIGUEUR, Il mondo dei mestieri a Roma 439 CONFRONTI CON ALTRE AREE ITALIANE ED EUROPEE G. BIANCHI, A. CAGNANA, Maestranze, ambiente tecnico e committenze dei cantieri nel centro nord dell’Italia tra alto e basso Medioevo 467 P. BERNARDI, La construction et les chantiers de la France médiévale 481 E. GIANNICHEDDA, Casi specifici e considerazioni generali sui tecnocomplessi dell’Italia settentrionale 493 F. CANTINI, Forme, dimensioni e logiche della produzione nel Medioevo: tendenze generali per l’Italia centrale tra V e XV secolo 503 P. FAVIA, R. GIULIANI, M. TURCHIANO, La produzione in Italia meridionale fra tardo antico e Medioevo: indicatori archeologici, assetti materiali, relazioni socio-economiche 521 C. LOVELUCK, Specialist artisans and commodity producers as social actors in early medieval Britain, c. AD 500-1066 553 C. DYER, The urbanization and de-urbanization of industrial production in England, 900-1500 571 S. GUTIÉRREZ LLORET, La mirada del otro: Al-Andalus 583 J. A. QUIRÓS CASTILLO, Dalla periferia: archeometallurgia del ferro nella Spagna nord-occidentale nell’alto e pieno Medioevo 597 A. MOLINARI, La produzione artigianale a Roma tra V e XV secolo. Riflessioni sui risultati di uno studio archeologico sistematico e comparativo 613 RIASSUNTI/ABSTRACTS 637 GLI AUTORI 656 TAVOLE 659 Edipuglia srl, via Dalmazia 22/b - 70127 Bari-S. Spirito tel. 0805333056-5333057 (fax) - http://www.edipuglia.it - e-mail: info@edipuglia.it